Descrizione
Migliorare la sicurezza sui luoghi di lavoro deve essere un obiettivo centrale in qualunque paese, e a maggior ragione in quelli più industrializzati, la categoria a cui tutta l’Europa appartiene. Nella storia recente, l’impatto sociale della carenza di sicurezza è stato impressionante: basti pensare alle migliaia di incidenti mortali sul lavoro nell’edilizia civile da quando si costruiscono ponti, tunnel e ferrovie; alle migliaia di lavoratori periti per silicosi nella prima metà del XX secolo; agli innumerevoli disastri minerari in tutto il mondo. Si potrebbe pensare che questa sia storia passata; ma basta ricordare la tragedia della diossina a Seveso (1976) o quella del metilisocianato a Bhopal (1984) per ravvedersi.
Al confronto, la sicurezza nei laboratori biologici potrebbe sembrare una questione di dettaglio. La questione è invece importante per vari motivi. In primo luogo, l’industria biotecnologica è giovane rispetto a quelle più tradizionali, ad esempio l’industria meccanica e chimica: pertanto anche la comprensione dei problemi della sicurezza è basata su meno esperienza, e ciò impone cautela. In secondo luogo, i rischi sono qualitativamente diversi da quelli degli ambienti industriali più tradizionali. Dopo 25 anni di ingegneria genetica possiamo dire che per fortuna i paventati incidenti, o “bombe biologiche”, non sono esplose: ma è innegabile che operazioni che modificano il genoma di qualsiasi organismo ispirano sentimenti di preoccupazione che non possiamo ignorare. Si potrebbe dire che il bioterrorismo sta alla microbiologia come una bomba termonucleare sta alla fisica: ma forse, ancor più che nel caso della fisica, il pubblico è preoccupato di eventuali incidenti.
Passando ai laboratori di ricerca, esiste poi un terzo motivo. Teoricamente, sono proprio i ricercatori che potrebbero generare nuovi problemi: e allora quis custodiet custodes? E’ doppiamente importante che i ricercatori si dimostrino attivamente solleciti a proteggere il pubblico e se stessi nel corso della sperimentazione.
La prima esplicita espressione delle preoccupazioni in merito data alla pubblicazione nel 1976, negli Stati Uniti, dopo la famosa conferenza di Asilomar, del primo documento di biosicurezza finalizzato alla prevenzione del rischio presente nei laboratori di ricerca biologica. Per tutti questi motivi, questo libro è importante e tempestivo. Esso nasce dalla collaborazione tra persone che operano nel mondo della ricerca e persone che si occupano di prevenzione a tutti i livelli della sanità pubblica. Tenendo conto delle recenti normative europee sulla sicurezza, questo volume vuole essere una guida pratica per la sicurezza chimica, fisica e biologica dei ricercatori che operano nel campo delle biotecnologie, compreso l’uso di microorganismi geneticamente modificati.
Gli autori hanno sviluppato le loro esperienze professionali presso importanti centri europei di ricerca e di cura come l’Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro (IST – Genova), l’International Agency for Research on Cancer (IARC – Lyon), l’Istituto Superiore Per la Sicurezza del Lavoro (ISPESL – Roma), l’Azienda Ospedaliera San Martino di Genova e Cliniche Universitarie Convenzionate (Genova), il Centre National pour la Recherche Scientifique et Technique (CNRS- Gif sur Yvette), il Centro de Seguridad e Higiene en el Trabajo, CSHT, Consejeria de Empleo y Desarrollo Tecnologico, Junta de Andalucia, (Cordoba España) e il Consorzio Interuniversitario Biologia Molecolare Piante (CIBMP-Genova). Sono lieto che il libro sia nato qui, e mi auguro che possa veramente risultare un utile strumento di lavoro per la salvaguardia della salute dei lavoratori, della qualità del lavoro e dell’ambiente.
Prefazione al volume del Prof. Lucio Luzzatto – Direttore Scientifico Istituto Nazionale per la Ricerca sul Cancro – Genova